NAVIGHIAMO IN UN MARE DI DEBITI
Nella settimana nella quale le Banche centrali hanno ribadito il loro intento belligerante contro l’inflazione aumentando ancora una volta i tassi d’interesse (se contiamo tutti i rialzi nel mondo siamo a quota 137 volte), vogliamo soffermarci su alcuni argomenti, magari meno conosciuti, che consideriamo importanti quando si tratta di prendere decisioni riguardo i propri investimenti in ottica 2023.
Il primo attiene ai debiti globali. Senza dubbio viviamo in un mondo schiacciato da passività: il rapporto fra debiti e prodotto interno lordo, sia del settore pubblico che privato, ha raggiunto vette da capogiro. Siamo arrivati vicini al 350% del PIL mondiale.
Durante la crisi derivante dal fallimento della banca Lehman Brothers il debito era più basso del 25%.

C’è da preoccuparsi? Possiamo essere certi che una parte delle nostre tasse saranno assorbite dagli oneri sul debito visto l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea iniziato nel 2022 e che proseguirà, meno intensamente, anche nel 2023. Se analizziamo la situazione dei Paesi più poveri, con il debito espresso in valuta estera, allora potremo registrare ulteriori default oltre quello accaduto nello Sri Lanka.
Anche le aziende hanno aumentato di molto la loro esposizione debitoria rispetto al crack di Lehman del 2008 e, come abbiamo evidenziato più volte sia nel 2021 che nel 2022, un paese che ci preoccupa in particolare è la Cina già gravata da una crisi immobiliare nefasta nei numeri e difficile da superare.
Se la componente corporate del gigante asiatico dovesse andare in affanno, tenuto conto che il suo fardello è un terzo di tutto il debito globale mondiale, sarebbe difficile pensare che non ci sarebbero ripercussioni stile tsunami.
In Italia alla luce le ultime decisioni della BCE cosa succederà nel 2023? La Presidente Lagarde ha deciso di iniziare a “chiudere i rubinetti” riducendo il bilancio della Banvca Centrale che è arrivato a toccare i 9.000 miliardi di euro tramite l’operazione del Quantitative Tightening (consiste nella riduzione degli asset come obbligazioni societari e sovrane, o del debito di aziende e Stati acquistati negli scorsi anni).

L’Italia, di conseguenza, visto il suo debito pubblico pronto a rompere il 150% del Prodotto Interno Lordo (2.300 miliardi di euro), non avrà la BCE come importante compratore delle proprie emissioni ma dovrà necessariamente ricorrere maggiormente al mercato dove probabilmente sarà appetibile grazie ai rendimenti più elevati che elargirà rispetto agli altri paesi europei. Ci auguriamo che l’Europa faccia chiarezza sul funzionamento del cosiddetto scudo “antispread” che, ad oggi, non prevede meccanismi automatici. Esso verrà usato dal Consiglio direttivo a sua discrezione, a patto che vengano soddisfatte una serie di condizioni impegnative.

Di fronte a queste situazioni di stress, già vissute molte altre volte, in 81 Family Office approntiamo soluzioni in grado di minimizzare i rischi e risultare profittevoli. Per esempio, anche grazie l’utilizzo di strumenti specializzati nell’investimento in economia reale, in settori difensivi caratterizzati da un basso utilizzo della leva finanziaria, energeticamente efficienti ed in grado di trasferire gli aumenti di prezzo ai loro clienti finali.
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