CHE SARÀ DELL’INFLAZIONE?
Siamo reduci dalla pausa di settembre della BCE riguardo ai tassi in Europa che sono stati lasciati rispettivamente sui rifinanziamenti principali al 4.50%, sui depositi al 4% e sui prestiti marginali al 4.75%.
I prezzi al consumo non sembrano voler cedere terreno mentre sono scesi quelli alla produzione. Quest’ultima, ovviamente, si sta contraendo, come ad esempio, il settore manifatturiero che rimane debole come evidenziato dall’indice PMI correlato.
La Commissione Europea ha abbassato le stime di crescita dell’eurozona sia quest’anno che per il prossimo. Anche la BCE non si discosta da queste e prevede per il 2023, 2024 ed il 2025 un aumento complessivo del PIL del 3.2% (dal 4% precedente).
I mercati azionari europei nei mesi di giugno, luglio ed agosto si sono adattati alle notizie e hanno smesso di crescere (l’indice azionario EuroStoxx50 si è fermato ad uno 0.13%) mentre quelli americani si sono apprezzati (l’indice azionario S&P 500 del 5.96% ed il Nasdaq del 6.75%).
Di seguito la tabella con i prezzi al consumo presenti in Europa e negli Stati Uniti che sono ancorati a valori elevati anche se pare aver perso slancio. Questa tendenza si è ancora rafforzata nel mese di settembre con anche l’indice dei prezzi alla produzione in frenata.
I mercati sembrano convinti che la lotta all’inflazione avrà esito favorevole, ma guardando sempre alle ultime stime della Banca Centrale Europea, leggiamo di un’inflazione complessiva di 10.7 punti percentuali complessivi per quest’anno unitamente ai prossimi due, un dato che non darebbe ragione a Mr. Market.
I mercati obbligazionari, nel primo semestre dell’anno, hanno ottenuto performance positive sia nel comparto governativo, ma soprattutto in quello più rischioso degli high-yield. Si sono comportati egregiamente sia quello relativo ai subordinati bancari che il comparto delle obbligazioni convertibili.
Assodato che dovremmo essere oramai giunti alla fine dei rialzi, gli analisti sono concordi nell’aspettarsi l’inizio dell’alleggerimento l’anno prossimo come si può evincere dal grafico di seguito.
Giova rileggere, a questo proposito, le parole della Presidente della BancaCentrale Europea Christine Lagarde: “Conseguiremo la stabilità dei prezzi e non transigiamo sull’impegno a riportare l’inflazione al 2% nel medio termine. Affinché le pressioni inflazionistiche si attenuino, è importante che la nostra politica monetaria tenga saldamente la rotta in direzione restrittiva”.
Da politica esperta, però, si è lasciata la porta aperta a tutte le opzioni possibili:
“In presenza di un’elevata incertezza, è ancora più importante che il percorso dei tassi dipenda dai dati. Ciò significa che, ex ante, non ci impegniamo ad aumentare ulteriormente i tassi di interesse ma non abbiamo finito di farlo”. Infine, sull’aumento del costo del denaro: “Inizia a sortire i suoi effetti soltanto adesso. Se lo scenario di base delle nostre proiezioni più recenti sarà confermato avremo ancora molta strada da fare per assicurare che le pressioni inflazionistiche siano disinnescate“.
Analizzando soltanto gli ultimi anni di decisioni delle Banche Centrali, ci permettiamo di suggerire cautela per chi ha l’onere e l’onore di prendere decisioni sull’allocazione di portafoglio e di tener conto dei possibili errori della Lagarde&Company.
Infatti, se da una parte della bilancia i mercati scommettono sulla riuscita del cambiamento di politica monetaria con il risultato di un’inflazione domata, su una contrazione dei PIL che non porterà ad una forte recessione ed, infine, su una diminuzione dei tassi già nel giugno del 2024, dall’altra parte bisogna tener conto dei prezzi del petrolio in ascesa, del conflitto in Ucraina che probabilmente ci accompagnerà anche per tutto quest’inverno e delle tensioni sempre più marcate fra Cina e Stati Uniti oltre ai problemi scatenati dalla crisi immobiliare cinese.
DOWNLOAD: Pensieri indipendenti – Terzo trimestre 2023
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