Il 2020 è stato un anno che non dimenticheremo, la pandemia da Covid 19 si è declinata come un evento da cigno nero che ha causato il più grande calo trimestrale del PIL globale ed il maggior aumento della disoccupazione dalla Grande Depressione oltre al calo dei mercati azionari e creditizi fra i più veloci mai registrato.
Così come quando pensiamo al 2008 con il termine “Lehman Brothers” così richiameremo alla mente il 2020 con la parola “Covid-19”. Purtroppo non siamo nella condizione di poter affermare che il 2021 vedrà la sconfitta definitiva del virus ma siamo certi che gli strascichi economici/finanziari resteranno ancora per alcuni anni. Siamo letteralmente in una terra inesplorata dove politiche super accomodanti, sia monetarie che fiscali, hanno regalato supporti forse più alle borse che alle economie reali. Ma ripartiamo dai dati per provare a fare delle ipotesi più realistiche possibili. La crisi pandemica ha fortemente rallentato la crescita del PIL in Europa e negli
Stati Uniti, ha portato l’inflazione a testare nuovi minimi innescando, come accennato in precedenza, una risposta monetaria e fiscale sincronizzata senza precedenti in tutte le principali economie.
Tutti gli operatori confidano nella massima “tanto peggio, tanto meglio”. Siamo convinti che i principali attori di questa tragedia, governi e banche centrali, si muoveranno all’unisono per contrastare eventuali notizie nefaste sul lato battaglia al Covid e sul lato crisi economica.
Essi non tarderanno ad aumentare la loro potenza di fuoco sia in quantità che attraverso nuovi strumenti supportati da nuovi paradigmi contro il rigore di bilancio. A questo proposito molti paesi hanno allentato, ad esempio, le loro regolamentazioni in materia di classificazione dei crediti in sofferenza e quella riguardante i crediti deteriorati (NPL) oltre ad aver istituito moratorie temporanee sul rientro dei prestiti che, probabilmente, dovranno essere procrastinate.
Questo tipo di atteggiamento, necessariamente, aumenterà i debiti sia privati che pubblici e la leva aziendale andrà a crescere. Se è vero che quest’ultime sono state e saranno politiche imprescindibili, è altrettanto vero che elevati livelli di indebitamento secondo molti studiosi, fra i quali Carmen Reinhart e Kennet Rogoff, portano danni ai bilanci ed hanno bisogni di molti anni per essere corretti.
La loro riduzione a livelli accettabili portano conseguenze altrettanto pesanti per l’economia reale. Ad esempio le banche potrebbero ridurre la propensione a concedere prestiti ed i Paesi più vulnerabili si esporrebbero, in momenti di bassa crescita, anche alla ristrutturazione dei loro debiti sovrani. Per provare ad evitare scenari catastrofici è importante utilizzare nel miglior modo possibile, in termini di propellente per la crescita, la grande quantità di denaro che ad esempio in Europa prenderà la forma del Recovery Fund.
Nel 2020 sono state emesse obbligazioni nell’area euro per la cifra esorbitante di 2700 miliardi, praticamente il 50% in più dell’anno precedente. Ovviamente la parte del leone l’hanno fatta i governi con emissioni per 1800 miliardi seguiti dalle società con 860. A fianco delle istituzioni governative la Banca Centrale ha rivestito un ruolo fondamentale nel mantenere i nervi saldi nei mercati obbligazionari arrivando ad espandere il proprio bilancio fino a 3800 miliardi di euro. Riguardo il Recovery Fund, alla luce anche di questi numeri, “la sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse “.
Lo ha affermato l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, nel documento che porta anche la sua firma denominato “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid” nato dal lavoro congiunto del cosiddetto “Gruppo dei 30”, una comunità di studiosi indipendente specializzata dal 1978 nell’analisi di questioni finanziarie. Il suo monito ai Paesi pesa come un presagio: “Se saranno sprecate le risorse il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita”. Al contrario, spiega l’ex governatore, “se i tassi di rendimento dei progetti saranno elevati e tali da giustificare l’investimento pubblico, allora la crescita arriverà e diventerà il fattore decisivo per la sostenibilità del debito”.
Ha aggiunto che “Ci sarà un aumento dei crediti deteriorati in tutto il sistema bancario in gran parte del mondo” e dell’importanza di porre in essere delle politiche che evitino alle banche la stretta sui prestiti come accaduto in seguito alle recessioni del 2007-2008. È evidente che l’Europa tutta, ma in special modo i Paesi maggiormente obsoleti con crescite asfittiche e debiti ingombranti, non possono e non devono perdere questa occasione magari “regalando” soldi a pioggia ad aziende agonizzanti. Condividiamo sull’opportunità che tramite il Next Generation EU, il pacchetto di aiuti europeo per la ripresa dal Coronavirus che comprende anche il Recovery fund, si investa in progetti ad alto valore aggiunto sia economico che sociale e che siano valutati attentamente i tassi di rendimento attesi per evitare di venire schiacciati dal debito preesistente.
Sarà difficile avere una seconda occasione.
Se il 2020 è stato l’anno della pandemia, della recessione profonda e del “dramma elettorale” americano che ha lasciato profonde spaccature nell’elettorato, il 2021 sarà probabilmente l’anno dei vaccini. A questo proposito pensiamo che nelle economie avanzate buona parte della popolazione sarà stata vaccinata entro la metà del 2021, mentre per la maggior parte delle economie emergenti questo processo richiederà probabilmente tempi più dilatati soprattutto per motivi logistici. Avremo battaglie ancora da affrontare prima di dichiarare vinta la guerra ma il mondo oggi è maggiormente preparato ad eventuali mutazioni non coperte dalle risposte mediche attuali.
I tempi della scienza saranno più veloci. Inoltre comportamenti pubblici più attenti alle regole, migliori prassi sanitarie aiuteranno a minimizzare l’impatto dell’aumento dei contagi. Ci attendiamo una volatilità sui mercati minore dell’anno passato ma dovremo fare i conti con dei trend molto forti che hanno già dato molto in alcuni settori dell’azionario e dell’obbligazionario. Ci aspettiamo comunque crescita economica in miglioramento e tassi d’interesse reali più bassi.
Le banche centrali, come descritto in precedenza, reagiranno diversamente che nel passato, contenendo la risalita dei tassi nominali pur in presenza di una accelerazione nel ciclo economico. Con un accento se possibile ancor più forte sull’ indispensabilità di un’ottima diversificazione, dai nostri studi emerge positività nell’azionario nei temi legati al green, al settore value lasciato probabilmente troppo indietro rispetto al settore legato all’internet.
Siamo positivi sulle materie prime e sull’obbligazionario in valuta cinese che statisticamente ha spesso aiutato nei momenti di discese dei mercati. Non possiamo, però, non considerare che viviamo un contesto che non ha appigli storici, dove le criptovalute hanno bucato la soglia di 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione, che Tesla viaggia a dei numeri di capitalizzazione e di utili futuri imbarazzanti, che Apple ha superato 2.200 miliardi di dollari di capitalizzazione e che il mondo non è mai stato così indebitato.
Tornano fondamentali la diversificazione, la disciplina e l’indipendenza.
DOWNLOAD: Pensieri indipendenti – Quarto trimestre 2020
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